Omelia del vescovo Egidio per la Messa della Veglia Pasquale 2020
Descrizione

PASQUA DI RISCATTO E DI SPERANZA
Santuario di Vicoforte - Sabato 11 aprile 2020

 

Un lungo tempo di deserto!
Con la Pasqua giunge a termine il cammino lungo e intenso della Quaresima. Esso avrebbe dovuto costituire per ogni fedele un periodo di preparazione ascetica della mente e del cuore, un tempo diverso dal consueto: più sobrio, più sensibile ai valori della spiritualità, e capace di disporre alla celebrazione e alla comprensione della Pasqua.
Ognuno di noi lo ha sperimentato: difficile vivere bene la festa della Resurrezione se alle spalle non ci sono quei quaranta giorni sottratti alla normalità, in cui almeno un poco siano morte le nostre pochezze in vista della novità grande, decisiva che la festa cristiana porta con sé.
Non so se la particolarità di questa quaresima – due volte quaresima, a motivo della pandemia in corso e delle limitazioni di ogni tipo che ci sono state imposte – abbia facilitato od ostacolato la nostra preparazione, ovvero il nostro rapporto con Dio.
Come già ho avuto modo di dire, certamente quando, all’inizio dell’anno pastorale, a settembre, proponevo la pagina del “Libro dei Numeri” che poi avrebbe fatto da sfondo alla lettera per l'inizio della quaresima e intitolata “Camminare nel deserto dei nostri giorni”, pensavo alla stagione attuale, certamente difficile per la nostra fede e la nostra Chiesa, ma non avrei mai immaginato che quel titolo avrebbe significato anche altro. Questo altro lo conosciamo: è il deserto delle chiese, il deserto delle strade, il deserto dei rapporti interpersonali, da una parte impediti e dall’altra costretti nel perimetro stavolta angusto delle case. Il deserto di un tempo con libertà molto limitate e con prospettive future incerte, un deserto che ancora di già ci fa sentire il bisogno di un riscatto.

Due testimonianze
Ma queste rischiano di essere frasi asettiche. Provo a dirlo, in maniera più concreta, con la testimonianza di due giovani amici sacerdoti, uno di Milano e uno di Cremona.
“Dopo una terribile lotta, proprio oggi, Giovedì santo, vengo dimesso dall’Ospedale. Non può essere un caso. Sono molto stanco, ma contento. Grato infinitamente a Dio che ho imparato ad amare sempre di più con tutto il mio cuore e che voglio servire per gli anni di vita che vorrà ancora donarmi. Grazie ai medici del Policlinico di Milano, ma grazie anche a tutti quelli che hanno pregato per me”.
E un altro, già mio alunno: “Don Francesco ci ha lasciato a causa di questa brutta malattia. Il mio parroco è rimasto in casa 35 giorni, nei quali ho accompagnato al cimitero 73 parrocchiani. Insomma, è stata una quaresima davvero pesante; abbiamo tanto bisogno di risorgere”. Ecco, concretamente, un saggio dell’amaro deserto che ci circonda e che stiamo attraversando.

Pasqua, vertice della storia della salvezza
Ebbene, quale novità porta con sé la Pasqua, ogni Pasqua, e anche questa Pasqua?
È la novità della salvezza, le tappe fondamentali della cui storia ci sono state riproposte dalle letture. La sintesi ci mostra Dio e l’uomo: Dio si concede a noi secondo una rivelazione graduale e progressiva, che ha momenti, stagioni, istanti di luce e anche pause, ma procede sempre con coerenza, dalla comparsa dell’uomo sulla terra, l’antico Adamo, fino alla vicenda di Gesù Cristo, il nuovo Adamo; l’uomo sta di fronte a Dio con tutte le sue vittorie e sconfitte, con i suoi momenti di pienezza e di depressione, di fedeltà e infedeltà; l’uomo risponde e partecipa al dialogo con Dio secondo i suoi limiti, che lo rendono capace di slanci generosi come di renitenze aride.

Pasqua, occasione di grazia
La Pasqua è il punto di arrivo della storia spirituale del mondo, così come ogni Pasqua può offrire l’occasione per un bilancio della storia spirituale della nostra anima. Anche ciascuno di noi ha ricevuto graduali rivelazioni dal Signore; anche per ciascuno di noi è stata usata una pedagogia progressiva, dagli insegnamenti dell’infanzia alle prove più severe della vita, compresa quella che stiamo vivendo; Dio ha amato e istruito ognuno di noi; e ora ecco un’altra Pasqua in cui di nuovo Egli si concede, ci interpella.
Come lo accogliamo? Come ci disponiamo all’incontro con Lui? Ovvio che la risposta è personale, e che non deve riguardare tanto questo momento liturgico peraltro vissuto, per tutti voi, a distanza. In gioco c’è soprattutto il nostro futuro, il come saremo da oggi in poi, perché una Pasqua che abbia senso deve rappresentare una svolta, deve dare un’impronta. Non può essere l’emozione di un momento, ma la consapevole scelta che cerca di orientare una vita spirituale, magari liberandola da indugi e tentennamenti di mesi, se non di anni.

“O felice colpa!”
Poco fa, all’inizio della celebrazione, abbiamo cantato l’Exultet, annuncio della Pasqua, inno a Cristo risorto. In esso riecheggiano le parole e gli insegnamenti della primissima teologia, quella di san Paolo, che ha trovato poi nelle formule di sant’Ambrogio e sant’Agostino le espressioni più alte e paradossali, fino alle notissime parole che proclamano O felix culpa. O felice colpa: (felici colpe), il nostro peccato! era necessario che l’uomo cadesse, sbagliasse, per avere un così grande Redentore!

Mi pare un buon punto di partenza per vivere la Pasqua, questo valorizzare il nostro peccato! (anche perché è una partenza a tutti possibile) E sia: felice colpa, se ci consente di incontrare il perdono di un Redentore come Cristo. Però noi dobbiamo riconoscere con gioia e gratitudine di essere stati salvati! Dobbiamo sentire quasi fisicamente che tutta la nostra storia sta sotto la misericordia di Dio. Noi, traditori di Dio e del suo progetto, noi che siamo perennemente tentati di realizzarci senza di lui, di affrancarci da lui, noi bestemmiatori di Dio, noi che non ci fidiamo della sua parola di salvezza più di quanto confidiamo nelle nostre forze e nei nostri progetti, noi dobbiamo credere che anche – o soprattutto – la nostra vicenda di imperfezione e di errore abita sotto lo sguardo e la potenza salvifica di Dio. Basta che lo vogliamo e anche le nostre colpe diventano “felici” (felici occasioni): se si evolvono in premessa all’azione del perdono divino, se – quasi per un miracoloso contrasto - la loro tenebra si fa luogo del trionfo della luce e della grazia del Padre.

Nel desiderio di essere nuovi
Chissà che questo periodo così anomalo e fuori dalle nostre consuetudini non ci consenta qualche radicale conversione, una volta terminato. In fondo, usciremo davvero da un deserto, o da una tenebra: sarebbe bello che decidessimo di mutare alcuni comportamenti, quando potremo tornare sugli scenari abituali. Che, nello stacco della clausura, osservando con calma le nostre vite, ravvisassimo alcuni rami secchi da tagliare, nodi da sciogliere, inutili durezze da ammorbidire.
Tra poco rinnoveremo le promesse battesimali: proclameremo di voler mettere ancora una volta la nostra vita nelle mani di Dio. Facciamo che non sia uno stanco ripetersi di formule, che non sia l’adesione superficiale a un rito, ma la prova di un serio e sereno intento di conversione.

Testimoni della novità pasquale
Che anche Dio lo voglia, possiamo esserne certi. La Pasqua non ha senso se non come momento di incontro fra Creatore e creatura redenta. Non per caso, i primi a vedere Cristo risorto non sono né Maria sua madre, né Pietro, né Giovanni, i discepoli forse più amati. La prima è la Maddalena, donna che aveva vissuto una vita di tribolazione e peccato, addirittura posseduta da sette demoni (espressione che allude alla sua vita di peccato). Eppure, è proprio lei che ha l’onore di annunciare la risurrezione.
Non può essere un caso.
E se anche lo fosse, noi possiamo certo leggerlo come un segno incoraggiante: la pedagogia di Dio continua anche dopo la Pasqua e non si ferma di fronte alla nostra storia di peccatori, quale che essa sia. A noi solo è chiesto, la mattina della Resurrezione, di essere lì, pronti a cercare il nostro Signore, pronti a riconoscere l’evento e a portarne la novità nella nostra vita e quindi nel mondo.

Condivisione di un augurio
Mi piace concludere con questa sintesi del mistero pasquale, che poi è un augurio: un biglietto colorato, scritto da mano infantile, l’augurio di una bella famiglia della nostra diocesi. Esprime una fede forte, positiva, piena di consapevolezza, di coraggio e di speranza, nonostante una vicenda familiare che ancora segna la quotidianità: l’ho ricevuto e mi ha fatto bene. Lo condivido con voi nella certezza che possa toccarvi il cuore e regalarvi un sorriso:

“I discepoli se ne stanno chiusi in casa impauriti...come noi!
...hanno visto il loro amico e Maestro morire ...come noi!
...sono fermi nel buio… forse come noi!
...sono nella disperazione… quanta intorno a noi!
...vivono nella paura dell’ignoto… un po’ anche noi!
Anche a loro, come a noi, tocca fidarsi di questa notte silenziosa, dove solo chi ama riuscirà a credere all’impossibile.
Anche noi torneremo nei posti che ci sono mancati…
“io vado a prepararvi un posto”.
Con Gesù, in Gesù, per Gesù…
torniamo a gioire delle piccole cose,
torniamo a dire “Grazie!”
riconoscendo che TUTTO È GRAZIA!”.
Buona Pasqua!

+ Egidio, vescovo

 

 

Dettagli