Riflessione proposta dal vescovo Egidio in occasione del “mandato” ai giovani partecipanti alla GMG a Lisbona
Descrizione

Chiesa del Sacro Cuore, 9 Giugno 2023

Carissimi giovani, non mi soffermerò sul Vangelo ascoltato – la visitazione di Maria a santa Elisabetta – e che costituisce l’icona biblica che ha accompagnato il vostro cammino di avvicinamento alla GMG. Permettetemi invece qualche semplice suggerimento fraterno e paterno insieme, quasi delle raccomandazioni che vi possano accompagnare nel vostro pellegrinaggio a Lisbona.

Il senso del “mandato”
Si è detto che questa è la sera del “mandato”. Dare e ricevere un “mandato” è sempre un’occasione bella, per tutti: tanto per chi lo affida, tanto per chi se lo vede affidare. É un compito dato e ricevuto; è un atto di fiducia.
Significa che c’è qualcosa di prezioso che accade, perché qualcuno va per il mondo e porta in sé e con sé un significato, e con esso esce da un luogo e incontra altre realtà.
Quale consegna dunque stasera vi viene affidata?
Quella di rappresentare una Chiesa particolare, anche per chi, come me, non potrà essere fisicamente con voi. Andate a testimoniare che la Chiesa di Mondovì c’è, è viva e vuole essere partecipe della vita della Chiesa.
C’è sempre il rischio di isolarsi, di credere di essere il centro del mondo e che il mondo sia il nostro stesso microcosmo. Molto bello è, invece, incontrare la Chiesa universale e in essa portare ciò che si è.

La gioia e il gusto dell’incontro vero
Parto poi da un dato oggettivo e molto incoraggiante: siete in tanti, 240. Non è dettaglio trascurabile per la nostra diocesi, specie dopo le stagioni del Covid e in epoca di tecnologia e social imperanti, due fattori che inducono a chiudersi in se stessi.
Mettersi in viaggio ed andare ad ascoltare qualcuno, a pregare, a incontrare altri giovani, invece, appartiene ancora alle esperienze reali, vere, concrete; e vi costringe ad alzare gli occhi dai vostri piccoli schermi per guardare ancora le persone, ascoltare le voci, uscire dal comodo perimetro del virtuale, che tanto promette ma in fondo in nulla davvero consiste.

Uscire, cioè aprirsi agli altri
Ho usato il verbo “uscire” non a caso. Esso vale anche per la nostra piccola realtà diocesana: lascerete Mondovì, le vostre parrocchie, le vie consuete e incontrerete coetanei dei cinque continenti, in un altro Paese. “Uscire”, partire è gesto biblico, che Dio spesso chiede all’uomo, perché è sulle strade del mondo che si fa esperienza di Lui e della vita. Tornerete più ricchi, spero, con la mente più aperta, con il cuore colmo di emozioni, di ricordi, di immagini e di parole. E non solo: sono certo che tornerete anche più consapevoli della vostra identità, starei per dire della nostra identità, della chiesa locale che è in Mondovì.
Avrei voluto dirvi di portarla e farla conoscere, la vostra e nostra identità, di comunicarla al mondo. Poi, mi sono chiesto se davvero sapreste definirla, ora, questa identità: se sapreste esprimere che cosa significa, che cosa possiede di specifico il fatto che siete cristiani, e cristiani italiani, e piemontesi, e di Mondovì.

Nel confronto comprendere meglio la propria identità
Me lo sono chiesto e mi sono risposto che probabilmente lo capirete meglio là, nell’incontro e nel confronto con cristiani di altri paesi e di altre culture.
Credo che molti di voi abbiano già sperimentato, per ragioni di studio o di lavoro, se non vostro dei vostri genitori, o anche solo in occasione di vacanze in luoghi sufficientemente lontani, come proprio nel contatto con realtà “altre” si comprende quali siano le proprie specificità, ovvero quali siano le peculiarità del luogo in cui si è cresciuti e cui si appartiene.
In ogni caso, quando in Portogallo, e a contatto con giovani di ogni dove, meglio preciserete in voi quali lineamenti possegga il vostro essere cresciuti in questo ritaglio di mondo, educati dai vostri genitori ed educatori, sacerdoti e professori, con un certo paesaggio negli occhi e un certo clima umano intorno, siatene lucidamente orgogliosi. Riconoscerete i limiti ma anche i pregi, con la certezza che il bene e il male non sono mai tutti da una parte, che c’è sempre qualcosa che possiamo insegnare e tanto che possiamo imparare.

Salvaguardare il cuore di questa iniziativa
L’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù, per altro, racchiude tanti momenti, è un piatto gustoso perché preparato con tanti ingredienti: c’è il viaggio, c’è l’incontro con il Papa, ma ci sono anche visite culturali e artistiche, c’è il turismo. Tutte cose belle, ciascuna con la sua ricchezza. Tutte degne di essere vissute, a condizione di salvare il cuore dell’esperienza, che è un’esperienza di Chiesa, un’esperienza spirituale di preghiera e di ascolto e di intimità con il Signore. Questo nocciolo va preservato e deve dare senso e bellezza al resto, compresa un po’ di fatica fisica o qualche disagio che certamente ci sarà.

Un momento di ricarica per una testimonianza più feconda
E concludo con una speranza: che da questa Giornata Mondiale porterete a casa entusiasmo, voglia di fare, conoscenze e consapevolezze nuove. Che sarete seme fecondo per questa nostra terra.
Ascolterete papa Francesco, pregherete, starete insieme a tanti coetanei e anche vi divertirete, ne sono certo. Incontrare una persona significativa, ricevere la parola di un maestro, vivere un’esperienza spirituale, stare con altri come noi che condividono i nostri ideali: sono fra le cose più belle della vita.
Questa esperienza gioiosa dovrà farvi guardare con coraggio al futuro: trovare o ritrovare la certezza che non siete soli e siete la ragione per cui anche gli altri non sono soli.
Quindi Buona GMG a voi giovani e ai sacerdoti che vi accompagnano.
La Madonna, che avete pregato in questo anno di preparazione e insieme pregheremo a Lourdes il 25 Luglio, vi accompagni e vi protegga.

+ Egidio, vescovo

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